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Secondo una stima fatta dalla Fadoi, Federazione degli internisti ospedalieri, che ha condotto un’indagine su 19 regioni italiane, ci vorrà almeno un anno prima di poter ripartire con le attività ordinarie nelle corsie degli ospedali italiani.

La riduzione dei ricoveri programmati, sia pur senza arrivare ai livelli di quasi blackout delle prime ondate, ha comunque imposto una riduzione dei ricoveri che, secondo lo studio fatto da Fadoi, sarebbe del 37,5% dei casi contenuta tra il 10 e il 20% di quelli programmati, ma che nel 12,5% degli ospedali è stata tra il 20 e il 50%, mentre nel 16,7% dei casi il blocco è stato totale.

Ancora peggio per siamo per le percentuali delle prestazioni programmate, come analisi, accertamenti diagnostici e visite specialistiche. In questo caso di parlerebbe infatti del 29,2% delle strutture, e riguarderebbe infatti una riduzione stimata tra il 20 e il 50%, e oltre il 50% nell’8,3% degli ospedali, mentre nel 16,7% dei casi sono state sospese tutte le prestazioni programmate.

Analoga situazione e percentuale si ha per chi, all’opposto, non ha subito alcun rallentamento delle attività. Una macchina che stenta a ripartire ancora, con nel 45,8% dei casi la ripresa dell’attività di ricovero ordinaria è al momento ferma tra il 60 e il 90%, nell’8,3% delle strutture non è affatto ripresa, mentre nell’8,4% dei casi l’attività di ricovero è ripresa in maniera ancora lenta sotto al 50% di quella ipotizzata.

Più o meno simile la situazione riguardo la ripresa delle prestazioni programmate, che nel 62,5% dei casi è tra il 60 e il 90%, anche se persiste un 8,3% di strutture ancora in fermo totale. E’ del 25% la quota di chi ha invece ripreso al 100%.