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Al National Biodiversity Future Center le scienziate sono il 57%

L’11 febbraio si celebra la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella Scienza: un’occasione per riflettere sui traguardi raggiunti, ma anche sulla strada che è ancora da percorrere.

Secondo l’ultimo rapporto dell’Unesco (2021), in ambito scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico (STEM) le donne rappresentano ancora meno di un terzo del totale della forza lavoro, nonostante le laureate costituiscano il 45% del totale. L’Italia presenta un divario ancora più ampio, con una percentuale del 16,5% di ragazze laureate in facoltà scientifiche, contro il 37% dei ragazzi.

Inoltre, numerosi studi hanno rivelato che le donne in campi STEM pubblicano meno, sono pagate meno per la ricerca e fanno meno carriera degli uomini. Gli stereotipi culturali e le aspettative familiari distolgono ancora le donne dal voler intraprendere una carriera nel campo delle materie scientifiche.

Con NBFC, Il National Biodiversity Future Center, primo centro di ricerca italiano sulla biodiversità finanziato dal PNRR, che mira a promuovere la gestione sostenibile della biodiversità su tutto il territorio italiano, assistiamo a un’inversione di rotta. NBFC costituisce una felice anomalia sia a livello italiano sia a livello mondiale: dei circa 2000 ricercatori impegnati a studiare e salvaguardare gli ecosistemi della Penisola, il 57% è donna.

La Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella Scienza, introdotta il 22 dicembre 2015 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, rimarca il ruolo fondamentale ricoperto dalle donne nella scienza. La maggioranza delle ricercatrici e dottorande reclutate da NBFC ha un’età compresa tra i 26 e i 35 anni. Interrogate in merito alla questione di genere, dichiarano di non percepire una particolare discriminazione rispetto ai colleghi uomini e hanno la consapevolezza di come in
relazione al passato siano stati fatti molti passi in avanti per le donne nella ricerca. Molte di esse notano, tuttavia, una discriminazione più indiretta, incentrata su stereotipi di genere, quali la presunta maggiore delicatezza della donna o la maggiore propensione a fare attività da scrivania. I due aspetti in cui ancora sono registrate importanti differenze riguardano la possibilità di fare
carriera e la maternità. Tali ambiti spesso sono profondamente interconnessi ed è più difficile per le donne raggiungere posizioni apicali in quanto subiscono una pressione, sociale e politica, a essere prima madri, poi scienziate. Ciò rivela la necessità di politiche a sostegno delle donne lavoratrici con figli, che eliminino le difficoltà nel conciliare lavoro e vita privata.

A tutto ciò si aggiunge la componente culturale. Sin da piccole, le donne vengono indotte a credere di essere più portate per le materie umanistiche, o per materie legate all’educazione e alla cura, a scapito di quelle tecniche: un pregiudizio di genere che ancora affolla i corridoi della ricerca scientifica. L’istruzione è un altro tema cruciale: gli stereotipi di genere e i pregiudizi vanno messi in discussione, in primo luogo nelle scuole, incoraggiando le bambine a perseguire la loro passione per le materie scientifiche.

ph credit NBFC

Islanda, donne in sciopero per la parità salariale: presente anche la premier

In Islanda di decine di migliaia di donne chiedono la parità salariale. Con loro anche la premier Katrin Jakobsdottir. Si tratterebbe del primo sciopero di una giornata al femminile a partire dal 1975 nel Paese, quando il 90% delle donne islandesi si rifiutò di lavorare nell’ambito del ‘kvennafri’ (giorno di riposo delle donne), portando a cambiamenti cruciali, tra cui la prima donna eletta presidente. Lo sciopero, organizzato da circa 40 associazioni differenti, ha come slogan ‘Tu chiami questa uguaglianza?’. Tra le partecipanti ci sono lavoratrici dell’industria della pesca, insegnanti, infermiere, ma anche la premier.

La manifestazione prevede la presenza di circa 25mila persone nel centro della capitale islandese, Reykjavík. Ma una decina di altri eventi organizzati in Islanda per il più grande sciopero delle donne da mezzo secolo a questa parte.

foto crediti it.jobrapido.com

Tumori, Iss, il 10% riguarda donne senza controlli al seno in tutta la loro vita

Ci sono 50-69enni che non si sono mai sottoposta a una mammografia a scopo preventivo o lo hanno fatto in modo non ottimale: una donna su 10 infatti, sembrerebbe secondo quanto rivelato dall’Iss, che non si sia mai sottoposta ad un esame mammografico e quasi il 20% riferisce di averlo eseguito da oltre due anni a questa parte.

La prevenzione del tumore alla mammella in Italia, secondo quanto è stato pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità, avviene per lo più in ambito di programmi organizzati dalle ASL a cui partecipano più della metà delle donne alle quali sono stati dedicati, mentre la restante parte di donne che si sottopone a una mammografia preventiva nei tempi raccomandati lo fa al di fuori dei programmi organizzati (un ulteriore 20% circa della popolazione target).

In Italia, secondo dati raccolti dall’Iss, si tratterebbe del 70% delle donne, di età compresa fra i 50 e i 69 anni si è sottoposta allo screening mammografico a scopo preventivo, all’interno di programmi organizzati o per iniziativa personale, secondo quanto raccomandato dalle linee guida nazionali e internazionali (che suggeriscono alle donne di questa classe di età di sottoporsi a mammografia ogni due anni per la diagnosi precoce del tumore al seno).

La quota di donne che si sottopone allo screening mammografico è maggiore fra quelle più istruite o con maggiori risorse economiche, fra le donne di cittadinanza italiana rispetto alle straniere, e fra le donne coniugate o conviventi.

La copertura dello screening mammografico disegna una forte differenza fra le regioni del Nord e del Sud con una copertura totale dell’80% al Nord, e del 76% nel Centro, mentre solo del 58% nelle Regioni meridionali. Il Friuli Venezia Giulia (88%) è la Regione con la copertura maggiore, la Calabria (43%), il Molise e la Campania (entrambe al 51%) sono le Regioni con minore copertura totale.

Negli anni, però, il gap geografico si è ridotto notevolmente, grazie anche alle campagne di prevenzione, organizzate ovunque nel nostro Paese.

Caduto albero a Villa Borghese, ferite due donne, una è grave

E’ caduto un albero, un pino, a Villa Borghese che ha ferito ieri due persone. Si tratterebbe di due donne, una, in gravi condizioni. Una 47enne croata.

L’altra donna è stata medicata sul posto.

L’incidente è avvenuto intorno alle 16 in viale Fiorello La Guardia. Gli agenti della polizia locale di Roma Capitale e i vigili del fuoco hanno messo in sicurezza l’area.

Un fulmine, a quanto si appreso, avrebbe colpito l’albero che in parte si sarebbe pezzato per poi cadere in parte addosso alle due mal capitate.

Il ferimento delle due donne è avvenuto alla fermata dell’autobus. La 47enne è stata trasportata in codice rosso al Policlinico Umberto I di Roma.

ph crediti corriereroma.it

Mammografia, può essere una spia per problemi cuore in menopausa

Le mammografie di routine possono fornire informazioni chiave per scoprire malattie cardiovascolari.

Calcificazioni arteriose mammarie risultano infatti associate a un rischio maggiore di incorrere in malattie cardiovascolari nelle donne in menopausa.

A rilevarlo è una ricerca scientifica guidata dalla Kaiser Permanente Division of Research, a Oakland, in California, pubblicata su Circulation: Cardiovascular Imaging.

Per lo studio in esame, i ricercatori hanno esaminato le cartelle cliniche di un gruppo di oltre 5.000 donne selezionate tra più di 200.000 sottoposte a mammografie di screening nell’ambito di un progetto denominato Minerva (studio multietnico sulla gradazione del calcio arteriale mammaria e malattie cardiovascolari). Le partecipanti avevano un’età compresa tra 60 e 79 anni e hanno ricevuto almeno uno screening regolare con mammografia digitale presso una delle nove strutture del Kaiser Permanente della California del Nord tra il 24 ottobre 2012 e il 13 febbraio 2015.

Nessuna di loro aveva precedenti di malattie cardiovascolari o cancro al seno. I ricercatori hanno valutato la salute di queste donne seguendole per circa 6 anni e mezzo. Ebbene, sì, dopo la mammografia, per scoprire poi quali di esse avessero avuto un infarto o ictus o sviluppato altri tipi di malattie cardiovascolari, come l’insufficienza cardiaca.

Da qui i risultati raccolti hanno evidenziato che le partecipanti che avevano calcificazioni arteriose mammarie presenti in mammografia avevano anche il 51% in più di probabilità di sviluppare malattie cardiache o un ictus rispetto a quelle che non avevano lo stesso problema.

Draghi: ‘Servono più donne nelle scienze, 1 miliardo per arrivare a 35%’

Il presidente del Consiglio Mario Draghi, in occasione della visita che si è tenuta presso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare del Gran Sasso, ha dichiarato: “Voglio ringraziarvi moltissimo per la calorosa accoglienza.

È stata per me una grande emozione visitare i laboratori sotterranei e osservare da vicino gli esperimenti che vi rendono un punto di riferimento per la comunità scientifica mondiale”.

E continuando… rivolgendosi ai ricercatori ha poi anche aggiunto: “siete una delle grandi eccellenze del Paese. L’Italia è orgogliosa di voi”. “Quest’anno ricorre il 35esimo anniversario dall’inizio delle attività dei Laboratori del Gran Sasso – prova della lungimiranza degli investimenti in centri di ricerca e infrastrutture scientifiche. La loro realizzazione, su iniziativa dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare – ha aggiunto il premier – ha permesso all’Italia di affermarsi nella fisica delle particelle elementari negli anni in cui emergeva questo campo. Da allora, il Gran Sasso ha contribuito – e continua a contribuire – a molte delle scoperte più rilevanti della nostra epoca nei campi della fisica subnucleare, nucleare e astroparticellare. È un luogo capace di attrarre menti brillanti dall’estero e di valorizzare i nostri talenti”.

“Realizzare il pieno potenziale della ricerca vuol dire puntare su chi è stato spesso ai margini di questo mondo: le donne. Per troppo tempo le posizioni di vertice nella ricerca scientifica sono state appannaggio degli uomini”. Così il presidente del Consiglio Mario Draghi in visita ai laboratori Infn del Gran Sasso sottolineando che “sono ancora troppo poche le ragazze che scelgono studi scientifici e “solo una su 5 sceglie le cosiddette materie Stem”. Si investirà “oltre 1 miliardo” per potenziarne l’insegnamento”, anche per “superare gli stereotipi di genere” e portare la percentuale “al 35%”.

“La ricerca deve essere al centro della crescita dell’Italia”. Con il Pnrr “investiamo oltre 30 miliardi in istruzione e ricerca”. Ha concluso il premier Mario Draghi. Nel suo incontro di oggi al Sasso.

In Qatar nessuna donna eletta alle prime elezioni della sua storia

Si sono candidate in 28 in Qatar, alle prime elezioni della sua storia, ma nessuna di esse è stata eletta.

I cittadini erano chiamati ad eleggere 30 dei 45 membri del Majlis al-Shura, un organo consultivo con scarso potere, di solito tutti nominati dall’emiro Tamim ben Hamad Al-Thani.

Potrebbe essere lui adesso ad assegnare a qualche candidata uno dei 15 posti rimasti. Non è ancora chiaro quando le nomine saranno annunciate nè quando il consiglio terrà la sua prima riunione.

L’affluenza alle urne è stata del 63,5%, secondo dati ufficiali, molto più alta delle elezioni comunali del 2019 dove aveva votato meno di un elettore su dieci.

Afghanistan, così il ritiro Usa si è trasformato in una disfatta di Biden e dell’Occidente

 

La caduta di Kabul e il ritorno dell’Afghanistan sotto il controllo dei talebani  travolge la Casa Bianca e coglie l’Amministrazione Biden clamorosamente impreparata. O meglio, lo avrebbe dovuto ben immaginare.

Il ritiro delle truppe statunitensi a vent’anni dall’inizio della guerra cominciata per stanare i responsabili dell’attacco dell’11 settembre doveva essere un sollievo per il Paese e un punto d’onore per il presidente, ma si è trasformato in un incubo nel giro di poche ore, con conseguente drammatiche per i civili e soprattutto le donne.

E mentre Biden è in vacanza,  giornali e televisioni parlano del suo fallimento e disastro.

Trump non perde occasione, per far sentire la sua. Chiedere le sue dimissioni.

Il presidente, che nelle ultime ore si è riunito in videoconferenza con gli uomini della sicurezza nazionale, parlerà alla Nazione questa sera, alle 21.45 ora italiana. In televisione è andato invece il segretario di Stato che ha provato a sostenere il comandante in capo spiegando che Kabul non è Saigon perché in Afghanistan la missione è stata un successo.

Solo che oggi non è più nell’interesse degli Stati Uniti rimanervi.

L’immagine che descrive meglio il terrore dopo la restaurazione dell’Emirato islamico da parte dei talebani, è quella di un aereo in fase di decollo inseguito sulla pista da una folla di uomini. Alcuni di loro cercano di aggrapparsi al carrello, andando così verso una morte sicura. Pochi istanti dopo il video mostra il drammatico epilogo: due puntini neri che cadono nel vuoto mentre l’aereo vola via.

E dal palazzo presidenziale di Kabul conquistato in poche ore dopo la fuga del presidente afghano Ashraf Ghani, annunciano un salto indietro di 20 anni. La bandiera che sventola per la costituzione dello Stato Islamico.

L’ambasciatore afghano all’Onu: “Perquisizioni dei talebani casa per casa” – “I talebani hanno iniziato a perquisire casa per casa“, puntano a “esecuzioni mirate, la gente a Kabul è terrorizzata”.

Il segretario generale Antonio Guterres si è detto “particolarmente preoccupato per le notizie delle crescenti violazioni contro le donne e le ragazze afghane, che temono un ritorno ai giorni più bui. È essenziale che i loro diritti conquistati a fatica siano protetti. Stiamo ricevendo notizie agghiaccianti di gravi restrizioni ai diritti umani in tutto il Paese”, e ha lanciato un appello ai guerriglieri perché “esercitino la massima moderazione”. “Ricordo a tutte le parti il loro obbligo di proteggere i civili. Invito tutte le parti a fornire agli operatori umanitari un accesso senza ostacoli per fornire servizi e aiuti tempestivi e salvavita. Esorto anche tutti i Paesi a essere disposti ad accogliere i rifugiati afgani e ad astenersi da qualsiasi rimpatrio”, ha aggiunto. Convocata per domani anche un Consiglio straordinario dei ministri degli Esteri dell’Unione europea “per una prima valutazione, in seguito agli sviluppi in Afghanistan e dopo intensi contatti con i partner negli ultimi giorni e ore”, scrive su Twitter l’alto rappresentante della politica estera Josep Borrell. “La situazione in Afghanistan richiede una risposta unitaria dell’Ue, l’asilo deve essere concesso a chi è in pericolo di persecuzione”, scrive il presidente del Parlamento di Bruxelles David Sassoli.

 

Infertilità, un grande tabù sociale da combattere

L’infertilità è un grande tabù sociale che può diventare addirittura un pregiudizio. Condizionare l’essere donna, facendole sentire diverse. Sbagliate, sole. Facendole sentire anche un grande vuoto dentro. Un’esperienza che non potranno mai provare. La maternità.

Con la diagnosi di infertilità Loredana Vanini è entrata in una realtà sconosciuta, fatta di donne dallo sguardo basso che silenziose affollano le sale d’attesa dei laboratori per approcciarsi alla fecondazione assistita. E ha deciso di raccontare con lo strumento che più la rappresenta: la macchina fotografica. Nasce così il progetto fotografico “Unadelletante”, 99 + 1 storie attorno all’infertilità, 100 ritratti di donne che, nella condivisione, hanno smesso di provare vergogna, perché  c’è un aspetto che accomuna l’esperienza di moltissime donne nel percorso che comincia con questa diagnosi, ed è la difficoltà a parlarne.

Photo Credirt ansa.it (nella foto l’autrice Loredana Vanini)

Gli uomini non sanno come aiutare l’uguaglianza di genere

LEWIS, agenzia globale di marketing, ha annunciato i risultati di una studio globale incentrato sulla disuguaglianza di genere condotta a sostegno del movimento universale HeForShe.

Lo studio in questione dimostra qual’è l’impatto e quali sono le percezioni sulle disuguaglianze di genere durante la pandemia in 13 paesi del mondo.

I risultati ottenuti dallo studio, rivelano infatti, anche una preoccupante tendenza: ovvero il 98% delle donne intervistate desidera che gli uomini aiutino ad affrontare i problemi legati alla disuguaglianza di genere, ma meno della metà di essi ha dichiarato di essere già pronto a dare il proprio contributo.

“La questione della diffusa disuguaglianza di genere non è un segreto, ma questo studio è una chiara dimostrazione di come i progressi compiuti dal mondo per combattere questa discriminazione possono andare perduti se non siamo attenti”, ha dichiarato Yvonne van Bokhoven, executive vice president di LEWIS. “Abbiamo bisogno ora più che mai che tutti, uomini e donne, prendano provvedimenti per aiutare le donne a parlare, collaborare e lavorare per affrontare le disuguaglianze sistemiche di genere”.

Riconoscere il problema non è sufficiente. Le donne sono alla ricerca di un sostegno attivo per combattere la disuguaglianza. Quasi 4 donne su 10 (39%) concordano che gli uomini dovrebbero parlare contro la disuguaglianza di genere quando ne sono testimoni. Un terzo (33%) vuole che gli uomini si occupino di più delle faccende domestiche.
L’impatto sproporzionato del COVID sul mondo delle donne risulta essere evidente:

– maggiore stress: il 24% delle donne ha dichiarato di avere ricoperto nuovi incarichi in ambito lavorativo rispetto al 22% degli uomini. Le donne hanno anche riportato un aumento delle loro responsabilità tra le mura domestiche e nell’assistenza all’infanzia rispetto ai loro colleghi di sesso maschile.
– Meno vantaggi: i dipendenti maschi hanno goduto di maggiori opportunità di aumenti finanziari (13%) rispetto alle loro colleghe (11%) e quasi un quarto delle donne sostiene di non avere ottenuto una promozione perché ha figli rispetto al 16% degli uomini.
– Insicurezza sul lavoro: il 14% delle donne intervistate ha riferito di essere stata licenziata durante la pandemia rispetto all’11% degli uomini, aumentando così un divario già significativo tra occupazione e opportunità economiche tra uomini e donne.

Secondo lo studio, le aziende devono affrontare il netto contrasto tra il modo in cui le disuguaglianze sono percepite da uomini e donne:

– Mancanza di consapevolezza: i dipendenti maschi avevano più del doppio delle probabilità rispetto alle colleghe di dire che la disuguaglianza di genere non è più un problema per le donne.
– Parlare apertamente: quasi la metà delle donne vuole che gli uomini si esprimano contro la disuguaglianza di genere quando ne sono testimoni e che ascoltino di più le colleghe sulla questione, mentre solo il 28% degli uomini la pensa allo stesso modo.
– Questioni genitoriali: i genitori delle figlie sono più coinvolti nella questione rispetto ai genitori dei figli. Il 26% è più favorevole a discutere di questioni di disuguaglianza di genere sul lavoro e il 30% è più propenso a casa.

“Non serve essere personalmente vittima della discriminazione per capire perché dobbiamo combatterla”, ha affermato Chris Lewis, CEO di LEWIS. “È chiaro che gli uomini devono – o dovrebbero – dare di più il loro contributo. Ci auguriamo che questo studio aiuterà a evidenziare le sfide che le donne devono affrontare per rendere tutte noi alleati più forti nella lotta contro la disuguaglianza “.