Archives

Vuole diventare maestra a 90 anni

Sostiene l’esame di maturità a 90 anni esatti di erà. E’ accaduto a Città di Castello, per Imelda Starnini, classe 1933.

La donna vuole infatti coronare il proprio sogno di una vita e diventare una maestra, almeno sulla carta.

Imelda Starnini ha compiuto i 90 anni lo scorso 3 febbraio.

Questa mattina poco dopo le 8 – ricostruisce il Comune di Città di Castello – si è seduta tra i banchi di scuola, per poter sostenere la prova scritta di italiano. All’istituto paritario San Francesco di Sales.

foto crediti ansa.it

Il tumore più diffuso dopo i 50 anni

Il tumore alla vescica è la quarta forma di cancro più diffusa nel nostro Paese dopo i 50 anni: nonostante colpisca soprattutto gli uomini, i numeri sono in crescita nel sesso femminile. Eppure è una malattia ancora poco conosciuta e sottostimata dalla maggioranza degli italiani, non si sa, infatti, come si possa prevenirlo e curarlo, riconoscerne i primi sintomi al suo esordio.

Il tumore alla vescica rappresenta circa il 3% di tutti i tumori diagnosticati: nel 2020, in Italia sono state effettuate circa 25.500 nuove diagnosi (20.500 uomini e 5.000 donne, rispettivamente il 10,5% e il 3% di tutti i tumori, secondo “I numeri del cancro in Italia 2021” dell’Associazione Italiana Registro Tumori). La sopravvivenza a 5 anni è superiore all’80%, sia per gli uomini che per le donne, ma una percentuale tra il 30% e il 70% dei pazienti con cancro della vescica muscolo invasivo è soggetto a recidive.

Come per tutte le forme tumorali, una diagnosi precoce e tempestiva è fondamentale per un intervento efficace che riduca il più possibile l’impatto della patologia sul paziente.

Ospedale San Carlo di Nancy, struttura di GVM Care & Research con pronto soccorso accreditata con il SSN, ha attivato un nuovo metodo analitico di diagnosi del tumore alla vescica. Basta un semplice esame su un campione di urina, che viene introdotto per la prima volta nella pratica clinica in Italia, che si basa sulla rilevazione della proteina MCM5 prodotta dalle sole cellule tumorali a svelare il male.

re alla vescica rappresenta circa il 3% di tutti i tumori diagnosticati: nel 2020, in Italia sono state effettuate circa 25.500 nuove diagnosi (20.500 uomini e 5.000 donne, rispettivamente il 10,5% e il 3% di tutti i tumori, secondo “I numeri del cancro in Italia 2021” dell’Associazione Italiana Registro Tumori). La sopravvivenza a 5 anni è superiore all’80%, sia per gli uomini che per le donne, ma una percentuale tra il 30% e il 70% dei pazienti con cancro della vescica muscolo invasivo è soggetto a recidive.

Come per tutte le forme tumorali, una diagnosi precoce e tempestiva è fondamentale per un intervento efficace che riduca il più possibile l’impatto della patologia sul paziente.

Ospedale San Carlo di Nancy, struttura di GVM Care & Research con pronto soccorso accreditata con il SSN, ha attivato un nuovo metodo analitico di diagnosi del tumore alla vescica. Un semplice esame su un singolo campione di urina, che viene introdotto per la prima volta nella pratica clinica in Italia, che si basa sulla rilevazione della proteina MCM5 prodotta dalle sole cellule tumorali.

Studi recenti hanno confermato come il nuovo test sia in grado di poter identificare la presenza di un tumore di alto grado nel 97% dei casi, un valore maggiore rispetto ai precedenti protocolli (citologia), la cui precisione è del 55% nei campioni analizzati.

Mammografia, può essere una spia per problemi cuore in menopausa

Le mammografie di routine possono fornire informazioni chiave per scoprire malattie cardiovascolari.

Calcificazioni arteriose mammarie risultano infatti associate a un rischio maggiore di incorrere in malattie cardiovascolari nelle donne in menopausa.

A rilevarlo è una ricerca scientifica guidata dalla Kaiser Permanente Division of Research, a Oakland, in California, pubblicata su Circulation: Cardiovascular Imaging.

Per lo studio in esame, i ricercatori hanno esaminato le cartelle cliniche di un gruppo di oltre 5.000 donne selezionate tra più di 200.000 sottoposte a mammografie di screening nell’ambito di un progetto denominato Minerva (studio multietnico sulla gradazione del calcio arteriale mammaria e malattie cardiovascolari). Le partecipanti avevano un’età compresa tra 60 e 79 anni e hanno ricevuto almeno uno screening regolare con mammografia digitale presso una delle nove strutture del Kaiser Permanente della California del Nord tra il 24 ottobre 2012 e il 13 febbraio 2015.

Nessuna di loro aveva precedenti di malattie cardiovascolari o cancro al seno. I ricercatori hanno valutato la salute di queste donne seguendole per circa 6 anni e mezzo. Ebbene, sì, dopo la mammografia, per scoprire poi quali di esse avessero avuto un infarto o ictus o sviluppato altri tipi di malattie cardiovascolari, come l’insufficienza cardiaca.

Da qui i risultati raccolti hanno evidenziato che le partecipanti che avevano calcificazioni arteriose mammarie presenti in mammografia avevano anche il 51% in più di probabilità di sviluppare malattie cardiache o un ictus rispetto a quelle che non avevano lo stesso problema.