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Race for the Cure, al via la 25esima edizione con il presidente Sergio Mattarella

Alla 25esima edizione della Race for the Care a Roma, la manifestazione sportiva dedicata alla prevenzione del tumore al seno, è stato invitato anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il via alle 10 davanti la Bocca della Verità. Record di partecipanti per la ‘gara’, gli organizzatori ipotizzano 100mila iscritti.

  ”Oggi è una giornata  di grande festa per noi. Siamo super orgogliosi e felici – afferma all’Adnkronos Salute Riccardo Masetti, senologo e presidente della Fondazione Komen che organizza l’evento – siamo onorati di festeggiare i 25 anni della Race con il presidente Mattarella e la sua presenza testimonia che il lavoro fatto è stato significativo.

Ma c’è ancora  tanto lavoro da fare malgrado i progressi e la ricerca contro il tumore al seno, ancora nel mondo 600mila donne perdono la vita per  questo cancro. Sono numeri che non ci possono fare stare seduti ma devono fare unire le forze”. Prima della partenza l’arrivo  dei paracadutisti che atterreranno davanti il palco presidenziale e la consegna delle bandiere della Race for the Cure e dell’Esercito al presidente Mattarella.

Ancora poche donne agli screening, un sms per informarle e chiamarle

Il ministro della Salute Orazio Schillaci in occasione di un evento organizzato alla Casa del Cinema di Roma per la Giornata nazionale della Salute della Donna, che si è celebrata il 22 aprile scorso, promossa dal ministero della Salute e Fondazione Atena Donna ha ribadito l’importanza della prevenzione.

“Il benessere delle donne lungo tutto l’arco della vita è un presupposto irrinunciabile per la piena realizzazione del diritto alla salute, garantito dalla nostra Costituzione. – ha detto Schillaci durante il suo intervento – Con questa consapevolezza siamo impegnati per migliorare la prevenzione, l’assistenza e la cura. Il nostro servizio sanitario vanta numerose eccellenze”.

Il ministro ha poi sottolineato come “l’Italia sia un Paese all’avanguardia nella terapia del tumore al seno da molti anni” ricordando che “dopo il periodo della pandemia c’è stato un incremento importante nelle adesioni agli screening, con le solite differenze inaccettabili tra Nord, Centro e Sud”.

“Credo che sia importante oggi avere anche strumenti più moderni per ricordare alle donne l’adesione agli screening, penso non solo all’invito con la lettera per posta ma magari a mandare anche in accordo con le Regioni un sms e insistere anche un po’ di più” – ha evidenziato – “E’ un problema a volte credo anche culturale ed è un peccato perché abbiamo una rete di Breast Unit all’avanguardia con risultati in termini di sopravvivenza superiori alla media europea, siamo un modello per la stessa Europa come mi ha ribadito quando mi è venuta a trovare due settimane fa la commissaria europea Kyriakides”.

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Giornata Mondiale dell’Obesità: un’epidemia con 800 milioni di malati

Sono 800 milioni le persone nel mondo che convivono con l’obesità, e secondo le stime saranno 1,9 miliardi nel 2035, ovvero 1 persona su quattro, con un impatto economico stimato di 4,32 trilioni complessivamente sul pianeta a causa di sovrappeso e obesità. L’incremento stimato dell’obesità fra i bambini dal 2020 al 2035 è del 100 per cento. Sono questi i numeri allarmanti di un’emergenza globale, evidenziati in occasione della World Obesity Day, che ricorre il prossimo 4 marzo, e le cui iniziative italiane sono state presentate ieri in una conferenza stampa svoltasi a Roma presso la Camera dei Deputati su iniziativa dell’On. Roberto Pella.

La Giornata Mondiale dell’Obesità (World Obesity Day), istituita nel 2015 dalla World Obesity Federation, ricorre in tutto il mondo, coinvolgendo organizzazioni, associazioni e individui, con l’obiettivo ambizioso di invertire la crisi globale dell’obesità. La giornata ha lo scopo di sensibilizzare cittadini e istituzioni e di incoraggiare la prevenzione dell’obesità, evitando discriminazioni, pregiudizi e l’uso di un linguaggio stereotipato e stigmatizzante sulle persone che vivono con l’obesità. “Parliamo dell’obesità e…” (“Let’s Talk About Obesity and…”) è il tema a cui è dedicata la Giornata di quest’anno: l’obesità è una complessa interazione di diversi fattori, che riguarda persone diverse, in paesi e culture diverse. Una strategia universale per ogni persona non sarà mai la soluzione. Ecco perché la Giornata mondiale dell’obesità di quest’anno vuole aprire un dibattito più ampio. L’obiettivo è quello di avviare conversazioni trasversali, guardare alla salute, ai giovani e al mondo che ci circonda, condividere conoscenze, guardare l’obesità da prospettive diverse.

Secondo i dati Istat dello scorso ottobre, durante il quinto Italian Obesity Barometer Summit, in Italia nel 2022 la percentuale di adulti con sovrappeso e obesità è pari al 46,3%, ed è tornata ai livelli pre-pandemia, durante la quale si era raggiunto il picco del 47,6%. Ciò nonostante, è solo il numero di persone con sovrappeso che è sceso, tanto che quello delle persone con obesità è passato dal 10,9% del 2019 all’11,4% nel 2022, con un picco del 12% nel 2021.

Solo il 17,2% di persone di 3 anni e più anni in Italia dichiara di consumare almeno 4 o più porzioni di frutta o verdura al giorno. Oltre 21 milioni di persone, ovvero il 37,2 per cento della popolazione di 3 anni e più, dichiarano di non praticare né sport né attività fisica nel tempo libero, con marcate differenze di genere: è sedentario il 40,6% delle donne contro il 33,6% degli uomini. Il 59,1% delle madri di bambini fisicamente poco attivi ritiene che il proprio figlio svolga attività fisica adeguata.

L’obesità è un’emergenza che riguarda, come il mondo, anche il nostro Paese. Da qui il “Manifesto per il contrasto all’obesità, come malattia cronica da affrontare in maniera sinergica multidisciplinare e olistica, libera da pregiudizi, stigma e discriminazione”, realizzato dall’Italian Obesity Network e sottoscritto da oltre 20 organizzazioni rappresentative del mondo medico-scientifico, delle istituzioni e dei pazienti.

Il Manifesto 2024 è un aggiornamento del precedente approvato e sottoscritto nel 2018, che intende rinnovare lo stimolo a identificare una roadmap virtuosa finalizzata al raggiungimento di quattro obiettivi principali:

Dare priorità all’obesità come malattia non trasmissibile (NCD), ovvero ottenere l’inclusione governativa e parlamentare e del sistema sanitario dell’obesità come malattia cronica non trasmissibile (NCD) a sé stante;
Costruire l’alfabetizzazione sanitaria, ovvero costruire la consapevolezza pubblica e politica delle complessità che ha l’obesità lungo il corso della vita della persona, per combattere la discriminazione e lo stigma sociale ed istituzionale e consentire un processo decisionale più informato e consapevole.
Ottimizzare le strategie di prevenzione, ovvero garantire che i governi diano priorità alla raccolta di dati, alla generazione di prove e alle risorse necessarie per fornire azioni che contribuiscano efficacemente a prevenire o ridurre i fattori di rischio chiave per l’obesità.
Migliorare i servizi alla persona con obesità, ovvero garantire che le persone che vivono con o sono a rischio di obesità abbiano accesso a servizi sanitari adeguati lungo il corso della loro vita e a un supporto che sia privo di pregiudizi.
Punti fondamentali questi che richiedono di essere tradotti in azione politica, nel quadro di una roadmap governativa per il contrasto all’obesità. Da qui l’importanza della mozione a firma della Sen. Daniela Sbrollini e della Sen. Elena Murelli che riprende i contenuti del Manifesto, proprio allo scopo di metterli al centro di un’azione politica, simbolicamente in occasione della Giornata Mondiale dell’Obesità di quest’anno.

Il White Paper “The Need for a Strategic, System-wide Approach to Obesity Care”, che viene pubblicato da OPEN, Obesity Policy Engagement Network, sempre in occasione di questa Giornata Mondiale, evidenzia gli ostacoli alla diagnosi, al trattamento e alla gestione dell’obesità, le lacune che permangono rispetto a questa malattia nell’alfabetizzazione sanitaria, nonché la carenza di ricerca e di finanziamenti. Il White Paper sottolinea alcune azioni necessarie prioritarie: colmare le attuali lacune nell’istruzione e nella ricerca per promuovere interventi politici adeguati e linee guida standardizzate sulla gestione dell’obesità; promuovere una più ampia consapevolezza sulle cause e sull’impatto dell’obesità per ridurre i pregiudizi e lo stigma; dare priorità agli interventi che affrontano i fattori sottostanti (biologici, genetici, ambientali, psicologici e socioeconomici) che contribuiscono allo sviluppo e alla persistenza dell’obesità; condurre analisi dei costi nazionali per misurare il peso economico della cura dell’obesità, affinché i governi possano attingere a questi dati per implementare nuove opzioni politiche e modificare le strategie esistenti per affrontare questa malattia.

«La Giornata Mondiale dell’Obesità rappresenta un momento importante per prendere atto di un’emergenza globale, che interessa anche il nostro Paese, e per attivare percorsi concreti per contrastarla e prevenirla», dichiara l’On. Roberto Pella, Presidente Intergruppo Parlamentare Obesità, diabete e NCDs. «Il mondo sta vivendo una trasformazione epocale di tipo demografico, sociale, economico e ambientale. L’epidemia dell’obesità e delle malattie non trasmissibili, insieme all’invecchiamento della popolazione, minaccia seriamente i sistemi sanitari. Riconoscere l’obesità come una vera e propria malattia e affrontarla come una priorità nazionale è il principale contenuto della proposta di legge, a mia prima firma, che attualmente stiamo discutendo in Commissione XII e presto spero potrà approdare in Aula per la sua approvazione».

«Dare voce al tema e ai numeri dell’obesità, in occasione di questa importante Giornata Mondiale, significa alimentare il dibattito istituzionale sulla necessità di programmare interventi mirati in termini di prevenzione e cura», dichiara la Sen. Daniela Sbrollini, Presidente Intergruppo Parlamentare Obesità, diabete e NCDs e Vice Presidente della 10a Commissione Permanente (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) del Senato. «È giunto il momento di mettere in pratica gli obiettivi indicati in molti dei programmi politici nazionali e internazionali degli ultimi quindici anni che hanno avuto il merito di riuscire a sensibilizzare l’opinione pubblica e politica sul tema, ma il demerito di non essere ancora attuati. Bisogna creare una forte alleanza tra istituzioni governative, parlamentari, scientifiche, accademiche e persone con obesità per coinvolgere e rendere partecipi tutti della necessità di agire ora».

«Milioni di italiani soffrono di obesità, tanto che possiamo parlare di una “pandemia silente”, ma finora non è stato concepito un piano per assicurare cure e misure di prevenzione adeguate», dichiara l’On. Ugo Cappellacci, Presidente 12a Commissione Permanente (Affari Sociali) della Camera dei Deputati. «Bisogna riconoscerla come patologia prioritaria nel Piano Nazionale Cronicità, assicurare l’accesso uniforme sul territorio nazionale alle prestazioni sanitarie e alle terapie indicate per il trattamento. Con questa nuova sensibilità e una forte volontà politica, daremo risposte concrete alle persone che vivono sulla propria pelle queste problematiche».

«Obesità, denutrizione e cambiamento climatico, condizioni riunite sotto il termine ‘Sindemia Globale’ e tra loro legate da scopi di profitto e inerzia politica, rappresentano le più grandi minacce per la popolazione mondiale», dichiara il Prof. Andrea Lenzi, Presidente OPEN Italy. «Per affrontarle è necessario un ripensamento radicale dei modelli di business, dei sistemi alimentari, del coinvolgimento della società civile e della governance nazionale e internazionale. La governance a livello globale, di Paese e città è importante, ma di solito è frammentaria, bloccata in silos, spesso focalizzata sulla scelta individuale e incapace o non disposta a prendere le distanze da una forte influenza commerciale e da obiettivi politici a breve termine, motivo per cui è necessario lavorare insieme per cambiare percorso per una migliore salute umana e planetaria».

«Prevenire l’aumento di peso e il riacquisto di peso sono impegni essenziali per centrare gli obiettivi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e per far sì che sia efficace il trattamento dell’obesità, malattia responsabile di una percentuale significativa di malattie non trasmissibili (NCD), tra cui quelle cardiovascolari, diabete, malattie del fegato e molti tipi di cancro», dichiara il Prof. Luca Busetto, Vice-President for the Southern Region of European Association for the Study of Obesity. «È anche accertato scientificamente che l’eccesso di peso rappresenta un fattore predittivo per lo sviluppo di complicanze, e l’aumento di mortalità, da COVID-19. È ora che l’obesità venga considerata una priorità sociosanitaria da tutti gli attori coinvolti, per il presente e il futuro del nostro sistema».

«L’obesità, in termini di impatto clinico e di spesa medica per il trattamento delle malattie che ne derivano, costituisce una sfida che, se non adeguatamente affrontata, finirà per condizionare le generazioni future con importanti conseguenze negative sul sistema sanitario e sulla nostra società tutta», dichiara il Prof. Rocco Barazzoni, Presidente della Società Italiana dell’Obesità. «È giunto il momento di mettere in atto soluzioni di politica sanitaria e di governance clinica che siano in grado di dare risposte concrete alle persone con obesità e soprattutto che coinvolgano e siano disponibili per l’intera popolazione, al fine di aumentare il supporto e diminuire le disuguaglianze di accesso alle cure sul territorio».

«Siamo in un momento cruciale per affrontare la sfida dell’obesità», dichiara il Prof. Paolo Sbraccia, Vicepresidente IBDO Foundation. «Nonostante il crescente riconoscimento come malattia cronica, l’obesità continua a rappresentare una crisi sanitaria globale. Tutte le parti interessate – operatori sanitari, responsabili politici, cittadini – devono lavorare insieme per incrementare la consapevolezza sulle cause e sull’impatto dell’obesità e trovare soluzioni per migliorare lo stato della cura di questa malattia in tutto il mondo. Attualmente, gli elevati costi associati alla prevenzione e al trattamento fanno sì che, in molti paesi, la cura dell’obesità non riceva un’attenzione adeguata. In futuro, i sistemi sanitari nazionali dovranno adottare nuovi modelli di erogazione dei servizi sanitari che seguano le indicazioni dell’OMS. La cura dell’obesità richiede lo stesso livello di urgenza riservato alle altre malattie non trasmissibili, per le quali un accesso equo alle cure, la centralità della persona e la presenza di risorse adeguate costituiscono un punto fermo dell’assistenza sanitaria».

«Nella lotta all’obesità, il contrasto allo stigma sociale costituisce un obiettivo prioritario, accanto alle politiche di prevenzione e agli interventi mirati su alimentazione e sport», dichiara Giuseppe Fatati, Presidente Italian Obesity Network. «Occorre un approccio multidisciplinare, di cui la lotta allo stigma sia parte centrale, per far sì che sia considerata da parte dei governi, dei sistemi sanitari e delle stesse persone con obesità, come già fatto dalla comunità scientifica, una malattia cronica che richiede una gestione di lungo termine, e non una responsabilità del singolo. Questo potrebbe contribuire in modo decisivo a ridurre la disapprovazione sociale e gli episodi di discriminazione verso chi ne è affetto, oltre a incidere sulle cure e sui trattamenti per l’obesità».

«Desidero sottolineare l’importanza cruciale di riconoscere l’obesità come una vera e propria malattia cronica che richiede non solo un’attenzione clinica particolare, ma anche un intervento coordinato sia a livello nazionale che internazionale», dichiara il Prof. Angelo Avogaro, Presidente Società Italiana di Diabetologia. «L’obesità non è semplicemente una questione di scelte individuali o di stile di vita; è il risultato di una complessa interazione di fattori genetici, ambientali e sociali. L’obesità è anche un potente fattore di rischio per lo sviluppo di numerose altre condizioni, tra cui le malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2, diverse forme di cancro, e disturbi muscolo-scheletrici. Questo la rende non solo una questione di salute pubblica di primaria importanza, ma anche una sfida sociale ed economica significativa, con impatti profondi sul sistema sanitario, sulla produttività e sulla qualità della vita degli individui. Una letteratura ormai consolidata indica che una riduzione del 5 per cento del peso diminuisce il rischio di diabete del 40 per cento con un miglioramento clinico significativo dell’emoglobina glicata e della pressione arteriosa. Perdite di peso anche moderate hanno migliorato, non solo i più comuni fattori di rischio, ma anche esiti di malattia come steatosi epatica e apnee notturne nelle persone con diabete di tipo 2».

«Il pieno riconoscimento dell’obesità come malattia da parte del Parlamento italiano è uno dei più importanti risultati raggiunti dall’Intergruppo Parlamentare Obesità, diabete e NCDs», dichiara Iris Zani, Presidente Amici Obesi. «Occorre ora dare un seguito concreto a questa importante conquista, con un’alleanza tra scienza, istituzioni pazienti, promuovendo la prevenzione e la lotta allo stigma, ma soprattutto sollecitando affinché la malattia venga inclusa nei LEA per fare in modo che migliaia di persone in grosse difficoltà possano ricevere le cure adeguate e poter affrontare un adeguato percorso di cura. Solo così potremo dire che si vuole realmente combattere l’obesità ormai dilagante nel nostro Paese e in tutto il mondo», conclude Iris Zani, Presidente Amici Obesi.

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Virus Respiratorio Sinciziale, la SIN scrive al ministero

Il Virus Respiratorio Sinciziale (VRS) causa un’infezione delle vie respiratorie in più del 60% dei bambini nel primo anno di vita ed in quasi tutti entro il secondo anno di vita. L’infezione può essere molto grave e, infatti, il 4% dei bambini colpiti che hanno meno di un anno richiede il ricovero in ospedale e tra questi uno su cinque deve essere ricoverato in Terapia Intensiva.

Ogni anno, anche in Italia, si verifica durante la stagione epidemica, tra ottobre/novembre – marzo/aprile, una vera e propria epidemia. Il modo più efficace per combatterla è la prevenzione.

In ragione di questo, il Board del Calendario Vaccinale per la Vita, la Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI), la Società Italiana di Neonatologia (SIN), la Società Italiana di Pediatria (SIP), la Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) e la Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG) già nel febbraio del 2023 hanno suggerito la necessità di g>adottare una strategia di prevenzione universale delle malattie da VRS per tutti i neonati. Questo si può ottenere somministrando il Nirsevimab direttamente in ambito ospedaliero, prima della dimissione dal reparto di maternità, dai servizi territoriali o dal Pediatra di libera scelta.

Tutte queste considerazioni hanno spinto la Regione Autonoma Valle d’Aosta ed alcuni paesi europei, come la Spagna e la Germania, ad introdurre la prevenzione universale delle malattie da Virus Respiratorio Sinciziale con il Nirsevimab già dalla stagione epidemica 2023.

Tutto ciò premesso, sta sollevando grande preoccupazione il fatto che le Regioni italiane stanno affrontando questo tema in modo eterogeneo suggerendo, in certi casi, di limitare l’uso del Nirsevimab ad un numero ristretto di bambini, spinte dall’obiettivo di limitare i costi più che da obiettivi di salute pubblica, con riferimento anche alla disponibilità del vaccino anti-VRS da somministrare durante il terzo trimestre di gravidanza, verosimilmente a spese della gestante.

Queste considerazioni sono oggetto della richiesta della Società Italiana di Neonatologia (SIN), a nome del Presidente Dott. Luigi Orfeo e del Consiglio Direttivo, al Ministro della Salute, alla Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, ai Presidenti delle Regioni Italiane ed agli Assessori regionali alla Sanità e alla Salute, di offrire ai bambini italiani le stesse opportunità di salute degli altri bambini europei evitando, nel contempo, che ci siano incomprensibili differenze addirittura tra le diverse Regioni del nostro paese, dovute ad un’analisi sommaria dei costi a discapito della salute dei nostri piccoli.

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Oggi 12 Ottobre Giornata Mondiale della vista, l’importanza della prevenzione

Oggi si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale della vista, promossa dall’Oms e dall’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità (Iapb). Un’occasione unica per poter sensibilizzare la popolazione tutta e e promuovere anche la salute della vista in tutto il mondo, grazie anche all’impegno dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti, che informano la cittadinanza sull’importanza della prevenzione.

“La disabilità che colpisce anche la vista e può influenzare ogni aspetto della vita quotidiana ma dobbiamo lavorare insieme, con le istituzioni e gli Enti del terzo settore per migliorare l’accessibilità universale, l’inclusione e garantire a tutti una vita dignitosa” ha dichiarato il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli in un post sui social.

In Italia come in altri Paesi del mondo le patologie della vista più diffuse sono il glaucoma, la retinopatia diabetica e la maculopatia.

Tumori, Iss, il 10% riguarda donne senza controlli al seno in tutta la loro vita

Ci sono 50-69enni che non si sono mai sottoposta a una mammografia a scopo preventivo o lo hanno fatto in modo non ottimale: una donna su 10 infatti, sembrerebbe secondo quanto rivelato dall’Iss, che non si sia mai sottoposta ad un esame mammografico e quasi il 20% riferisce di averlo eseguito da oltre due anni a questa parte.

La prevenzione del tumore alla mammella in Italia, secondo quanto è stato pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità, avviene per lo più in ambito di programmi organizzati dalle ASL a cui partecipano più della metà delle donne alle quali sono stati dedicati, mentre la restante parte di donne che si sottopone a una mammografia preventiva nei tempi raccomandati lo fa al di fuori dei programmi organizzati (un ulteriore 20% circa della popolazione target).

In Italia, secondo dati raccolti dall’Iss, si tratterebbe del 70% delle donne, di età compresa fra i 50 e i 69 anni si è sottoposta allo screening mammografico a scopo preventivo, all’interno di programmi organizzati o per iniziativa personale, secondo quanto raccomandato dalle linee guida nazionali e internazionali (che suggeriscono alle donne di questa classe di età di sottoporsi a mammografia ogni due anni per la diagnosi precoce del tumore al seno).

La quota di donne che si sottopone allo screening mammografico è maggiore fra quelle più istruite o con maggiori risorse economiche, fra le donne di cittadinanza italiana rispetto alle straniere, e fra le donne coniugate o conviventi.

La copertura dello screening mammografico disegna una forte differenza fra le regioni del Nord e del Sud con una copertura totale dell’80% al Nord, e del 76% nel Centro, mentre solo del 58% nelle Regioni meridionali. Il Friuli Venezia Giulia (88%) è la Regione con la copertura maggiore, la Calabria (43%), il Molise e la Campania (entrambe al 51%) sono le Regioni con minore copertura totale.

Negli anni, però, il gap geografico si è ridotto notevolmente, grazie anche alle campagne di prevenzione, organizzate ovunque nel nostro Paese.

Violenza giovanile, ministro Piantedosi: “Non solo repressione, serve il recupero del minore”

Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, torna a parlare della violenza giovanile e lo ha fatto a Stasera Italia in studio da Nicola Porro spiengando che “Oggi ci sono giovani che impugnano le armi e le usano per futili motivi, senza alcun rispetto per la vita degli altri”. Rciorda il ministro a annunciando anche che “il governo è al lavoro per varare al più presto possibile un pacchetto di misure per garantire più sicurezza in tutte le città”. “Il confronto nell’esecutivo – sottolinea ancora il ministro dell’interno Matteo Piantedosi – è introdurre norme che siano più efficaci sul piano della prevenzione e della repressione, coniugando appieno l’assoluta esigenza del recupero del minore”.

“L’operazione di polizia non può essere l’unico strumento di intervento, ma bisogna offrire nuove e migliori opportunità ai giovani del territorio”, servono “risposte sul piano sociale, educativo, culturale, delle infrastrutture sportive”, le sue parole rilasciate in un’intervista a Il Messaggero commentando il blitz di Caivano di oltre 400 uomini delle forze dell’ordine.
Un’operazione di bonifica del territorio e di vicinanza dello Stato.

“È stato predisposto – ha detto infine il ministro – un aumento del 20% dei carabinieri in servizio presso la compagnia di Caivano”. Rinforzi – ha annunciato – che sono previsti anche ad Afragola (polizia) e Frattamaggiore (Guardia di Finanza). Altra priorità del governo è quella del contrasto alle occupazioni abusive”. Ecco perché Piantedosi ha “inviato a tutti i prefetti una direttiva chiara su tutte le nuove occupazioni per intervenire immediatamente con lo sgombero”.

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Popolare antidolorifico riduce morti per cancro al 50%, secondo un nuovo studio

Ricercatori britannici affermano che l’aspirina abbia un effetto positivo sulle persone che hanno il cancro.

Un team di ricercatori britannici ha esaminato le ricerche precedenti sull’aspirina e rivelato che può ridurre anche l’infiammazione correlata al cancro, la coagulazione anormale, la crescita anormale dei vasi sanguigni e migliorare i processi di riparazione cellulare.

Inoltre, hanno trovato un’associazione tra l’aspirina e la riduzione dei decessi correlati alla malattia, la diffusione e le complicanze vascolari legate al tumore.

Sulla rivista scientifica Open Biology, si parla appunto dell’effetto generale positivo dell’aspirina sulla riduzione della diffusione del cancro e delle metastasi.

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“Per le persone ad alto rischio di cancro, i benefici sono evidenti: l’aspirina funziona. Il nostro nuovo studio internazionale ha analizzato se dosi più piccole funzionano altrettanto bene, e i risultati hanno mostrato che i pazienti che assumevano aspirina avevano il 42% in meno di tumori del colon. Tra coloro che hanno assunto l’aspirina per due anni interi, inoltre, il rischio era diminuito del 50%”.

Spiegano i ricercatori.

Ictus, con un piano Ue è possibile un calo del 10% dei nuovi casi in Italia

Uno Stroke Action Plan for Europe (SAP-E) sull’ictus ha la finalità di limitare entro il 2030 l’impatto della malattia. Le “raccomandazioni sono contenute nel documento e consentirebbero di ridurre di ben oltre il 10% il numero di nuovi casi l’anno. Per l’Italia parliamo di 15mila pazienti in meno”. A evidenziarlo è Francesca Romana Pezzella, Segretario ISA-AII e co-chair Stroke Action Plan for Europe (SAP-E) di ESO | European Stroke Organization in un incontro al ministero della Salute. Pezzella spiega che manca la firma del ministro della Salute italiano, Roberto Speranza, a una dichiarazione “che impegna moralmente i Paesi a delle azioni che servono per implementare il Piano”. “Incontri come questi, in sedi istituzionali – specifica – sono necessari anche per rilanciare il SAP-E Europe che ha la finalità di limitare entro il 2030 l’impatto della malattia a partire da prevenzione primaria, organizzazione della cura dell’ictus acuto, prevenzione secondaria, riabilitazione, valutazione dei risultati e vita dopo l’ictus”. Di una spinta all’adesione dell’Italia alla dichiarazione parla anche la senatrice Paola Boldrini, vicepresidente della Commissione Sanità del Senato, spiegando in un intervento di “auspicare una firma del ministro”.

L’attore Massimo Lopez con la sua voce vuole ricordare, in uno spot presentato il 20 aprile scorso al ministero della Salute nell’ambito del progetto Strike on Stroke” promosso da ISA-AII, Italian Stroke Association – Associazione Italiana Ictus e realizzato grazie al contributo non condizionante di Ipsen, che “ogni anno sono 185mila le persone vengono colpite da ictus”.

Tumore alla tiroide: quando la prevenzione gioca un ruolo fondamentale per la diagnosi precoce e terapia mirata

I carcinomi della tiroide sono causati dalla crescita anomala e incontrollata delle cellule che la costituiscono e insorgono prevalentemente nelle donne in età adulta.

Nel 90-95% dei casi le cellule coinvolte sono i tireociti, cioè le vere e proprie cellule della tiroide, riunite in gruppetti chiamati “follicoli tiroidei”, che producono gli ormoni, nella restante percentuale di casi vengono colpite le cellule parafollicolari – cellule presenti in misura quantitativamente minore e che producono un ormone chiamato calcitonina.

Sebbene i noduli tiroidei siano molto frequenti, solo il 10% circa di essi sono maligni e i tumori alla tiroide sono quindi da considerarsi tumori rari.

“Tra i fattori di rischio più importanti per lo sviluppo dei carcinomi della tiroide vi sono la familiarità e l’esposizione a radiazioni (anche radioterapia per altre neoplasie) – afferma la Dott.ssa Laura Fugazzola, Responsabile Centro Tiroide – U.O. Endocrinologia e Malattie del Metabolismo – Auxologico San Luca, centro che è stato recentemente accreditato ad EURACAN (European Network for Rare Adult Solid Cancer).

“Sono note – continua la Dott.ssa Fugazzola – le alterazioni genetiche responsabili della quasi totalità dei tumori tiroidei. Tali alterazioni genetiche possono essere ricercate nel tumore o, in caso di forme familiari, nel sangue. In quest’ultimo caso, il rilievo del gene mutato nei familiari di un soggetto affetto indica la presenza di un tumore in fase iniziale o ne indica il futuro sviluppo, consentendo così di procedere precocemente all’asportazione della tiroide e portando così a completa guarigione”.

Il tumore alla tiroide spesso non si manifesta con alcun sintomo nella fase precoce della malattia perché cresce in maniera lenta e silenziosa. Il campanello d’allarme può essere rappresentato da un nodulo isolato nella ghiandola riscontrato alla palpazione; tuttavia non tutti i noduli sono segno di un tumore alla tiroide, anzi nella maggior parte dei casi sono solo l’espressione di un’iperplasia tiroidea (una manifestazione benigna che determina un aumento di volume della ghiandola).

La diagnosi di tumore maligno si avvale di dati anamnestici, in grado di fornire indicazioni sull’esistenza di altri casi nella famiglia del paziente e sulla velocità di accrescimento del nodulo, e dell’esame obiettivo che individuerà un nodulo duro e in qualche caso la presenza di linfonodi ingranditi in regione laterocervicale.

Gli esami del sangue sono importanti per determinare la funzionalità della tiroide mediante il dosaggio del TSH e consentono di valutare la calcitonina, un marcatore di carcinoma midollare della tiroide. L’ecografia della tiroide, per mezzo della tecnologia ad ultrasuoni, permette di descrivere le caratteristiche del nodulo e di visualizzarne i rapporti con le strutture normali della ghiandola mentre, come ultimo approfondimento diagnostico, e solo nel caso in cui si abbia necessità di stabilire la precisa localizzazione del tumore prima dell’intervento chirurgico, si possono effettuare una TC o una risonanza magnetica per osservare meglio il nodulo maligno, i rapporti con le strutture circostanti e le eventuali metastasi.

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