Filippo Turetta condannato all’ergastolo per aver commesso e confessato l’omicidio di Giulia Cecchettin. Ma nelle motivazioni, i giudici della Corte d’Assise di Venezia hanno escluso l’aggravante della crudeltà nonostante le 75 coltellate inferte.
Filippo Turetta ha mantenuto “lucidità e razionalità” dopo aver ucciso Giulia Cecchettin, con la “chiara e innegabile volontà di nascondere il corpo in modo quantomeno da ritardarne il ritrovamento”. Sono le motivazioni dei giudici della Corte d’Assise di Venezia sulla condanna all’ergastolo per il 23enne, definendo “accurata” l’operazione di occultamento del cadavere.
Tuttavia per i magistrati, Turetta avrebbe ucciso la sua ex fidanzata con 75 coltellate ma questo non sarebbe stato “un modo per crudelmente infierire o per fare scempio della vittima”, ma una “conseguenza della inesperienza e dell’inabilità” del condannato.
In buona sostanza, il 23enne, per i giudici, “non aveva la competenza e l’esperienza per infliggere sulla vittima colpi più efficaci, idonei a provocare la morte della ragazza in modo più rapido e pulito”, così ha continuato a colpire fino a quando non si è reso conto che Giulia “non c’era più”. Turetta ha poi dichiarato di essersi fermato “quando si è reso conto che aveva colpito l’occhio. ‘Mi ha fatto troppa impressione’, ha dichiarato”.
Così alle motivazioni dei giudici della sentenza ha risposto Elena Cecchettin, sorella della 22enne uccisa a Vigonovo.
“Se nemmeno un numero di coltellate così elevato viene considerato crudeltà e viene definito ‘inesperienza’, abbiamo un problema – scrive nelle sue storie Instagram -. Perché se una persona che stila una lista operativa su come uccidere una persona per poi compierla diligentemente, riesce a fuggire dalle forze dell’ordine per una settimana per poi essere catturato solo nel momento in cui si ferma autonomamente è ‘inesperto’, allora si può dire chiaramente che non ci importa della vita umana, della vita di una donna”.
“Se non iniziamo a prendere sul serio la questione, tutto ciò che è stato detto su Giulia, che doveva essere l’ultima, sono solo parole al vento – ha continuato ancora la Cecchettin nelle sue storie social -. Sì, fa la differenza riconoscere le aggravanti perché vuol dire che la violenza di genere non è presente solo dove è presente il coltello o il pugno, ma molto prima. Significa che abbiamo tempo per prevenire gli esiti peggiori. Sapete cosa ha ucciso mia sorella? Non solo una mano violente, ma la giustificazione e il menefreghismo per gli stadi di violenza che anticipano il femminicidio”.