Sarebbero stati provocati dal padre non solo nel momento in cui è entrato in casa, violando il divieto di avvicinamento e pretendendo che il figlio maggiore modificasse la denuncia nei suoi confronti, ma anche da anni di tensioni familiari e minacce fatte alla loro madre.
Per questo i giudici della seconda sezione della Corte d’Assise d’appello di Milano nella sentenza depositata motivano il forte sconto di pena per Alessio e Simone Scalamandré, i due fratelli di 33 e 25 anni condannati per l’omicidio del padre Pasquale, avvenuto il 10 agosto 2020 a Genova. Entrambi entreranno in carcere probabilmente dopo l’estate.
I giudici hanno dato ragione agli avvocati dei due giovani e così, grazie ad uno sconto di un terzo della pena per la provocazione e alla prevalenza delle attenuanti le condanne sono state fissate a 12 anni per Alessio e a 6 anni e 2 mesi per Simone.
I giudici nelle motivazioni parlano di una “provocazione per accumulo”, cominciata con anni di minacce e maltrattamenti da parte di Pasquale Scalamandré nei confronti della moglie, che si era dovuta rifugiare una comunità protetta in Sardegna, deflagrata nel giorno stesso del delitto.
Quel giorno il padre aveva insistito per vedere il figlio maggiore, nonostante avesse il divieto di avvicinamento: voleva a tutti i costi che ammorbidisse la denuncia nei suoi confronti prima del processo che sarebbe iniziato da lì a poco. E quella denuncia se l’era portata dietro, con sè, con tanto di modifiche appuntate (ritrovata dopo l’omicidio). Quando Alessio si era rifiutato di cambiare le sue dichiarazioni alla polizia, il padre lo aveva preso per un braccio per trascinarlo in commissariato fino a scaraventarlo contro una scarpiera. Da lì la colluttazione e poi anche l’omicidio.