Nel Dfp, la nuova denominazione del Def, approdato ieri sera in Parlamanto si stima che l’azzeramento della child penalty porterebbe a un aumento dell’occupazione femminile di 6,5 punti percentuali entro il 2040. Il governo è stato annunciato “confermerà e amplierà una pluralità di strumenti di policy che intervengano sui fattori che incidono sulla scelta della genitorialità e sulla domanda di servizi per la prima infanzia, al fine di supportare la natalità e le famiglie, nonché promuovere una maggiore partecipazione dei giovani e delle donne nel mercato del lavoro”.
Pertanto, “Il Governo intende rafforzare, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, i diversi strumenti, tra cui le misure di conciliazione tra vita e famiglia, l’aumento del livello di istruzione femminile e l’introduzione di modalità di lavoro più flessibili e valori più paritari nella società, che negli ultimi quarant’anni hanno già ridotto considerevolmente la cosiddetta child penalty, ovvero l’effetto della maternità sulla probabilità di entrata e di uscita dall’occupazione”.
“Nel 2025 le entrate sono previste mantenere un andamento sostenuto; in particolare, le entrate tributarie e contributive continuerebbero a beneficiare del buon andamento del mercato del lavoro”, si legge ancora nel Dfp.
“D’altra parte, – viene spiegato – queste risentono anche dell’impatto degli interventi sul cuneo fiscale adottati con l’ultima legge di bilancio, che prevedono la sostituzione dell’esonero contributivo di quota parte dei contributi a carico dei lavoratori dipendenti, in vigore in via temporanea fino alla fine del 2024, con un’analoga misura di riduzione in via strutturale dell’Irpef combinata con un bonus per i lavoratori a basso reddito: in rapporto al Pil, le entrate contributive sono previste in aumento (+0,7 punti percentuali), mentre le entrate tributarie sono previste in discesa (-0,6 punti percentuali)”.
Il documento evidenzia quindi che da questa combinazione “risulterebbe un lieve aumento della pressione fiscale complessiva” che nelle tabelle risulta nel 2025 al 42,7%. Tuttavia, viene specificato, “considerando che il bonus in busta paga per i lavoratori a basso reddito è contabilizzato come spesa corrente (valutabile in circa lo 0,2 per cento del Pil), al netto di tale componente la pressione fiscale effettiva prevista nel 2025 si ridurrebbe lievemente al 42,5 per cento, dal 42,6 per cento del 2024”. “In sintesi, l’andamento molto positivo del complesso delle entrate continuerà a sostenere il gettito totale, controbilanciando l’impatto della riduzione selettiva del cuneo fiscale necessaria per contenere il costo del lavoro”, si legge.
“Il governo sta effettuando le opportune valutazioni nell’ambito della difesa comune europea e degli impegni presi a livello dell’Alleanza Atlantica. Ciò premesso, sono già stati ribaditi con forza il ruolo centrale della sostenibilità della finanza pubblica e la determinazione della necessità di salvaguardare le voci di spesa maggiormente orientate alla crescita e al benessere economico e sociale degli italiani”, afferma il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti nel Documento di finanza pubblica.
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