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Inflazione e conti correnti degli italiani svuotati nel 2022

Inflazione e il carovita invertono la tendenza del risparmio in italia, e portano allʼerosione dei conti correnti. Eʼ quanto emerge da una ricerca condotta dalla Federazione autonoma bancari italiani (Fabi). Dopo quattro anni di costanti aumenti, nel 2022 il saldo totale dei conti correnti delle famiglie è diminuito di quasi 20 miliardi di euro.

Da agosto a novembre si è registrato, un calo di 18 miliardi da 1.177 miliardi a 1.159 miliardi, con una riduzione dell’1,5%. La fotografia, scattata dal sindacato bancario Fabi, spiega che già a giugno, rispetto a maggio, c’era stata una prima diminuzione di dieci miliardi. La vistosa inversione di tendenza sulla capacità di accumulo dei correntisti arriva dopo un lungo periodo di incremento dei saldi dei depositi bancari: a fine 2017 l’ammontare complessivo era a quota 967 miliardi, a fine 2018 a quota 990 miliardi (+23 miliardi), a fine 2019 a 1.044 miliardi (+54 miliardi), a fine 2020 a 1.110 miliardi (+66 miliardi) e a fine 2021 a 1.144 miliardi (+34 miliardi). I dati che vanno ad evidenziare quasi cinque anni di risparmi (da dicembre 2017), ma con un preoccupante cambio di rotta alla fine del 2022: quando, i conti degli italiani sono sempre cresciuti e hanno superato quota 1.000 miliardi, con una tendenza all’accumulo che ha oltrepassato i 212 miliardi di euro (somma del risparmio accumulato dal 2017 al maggio 2022). Poi, la variazione annuale è stata sempre positiva e con un bilancio totale di 1.044 miliardi a fine 2019, a 1.110 miliardi a fine 2020, a 1.144 miliardi a fine 2021 e a 1.179 miliardi a maggio 2022.

L’inflazione sfiora il 12%

L’inflazione colpisce anche le tasche degli italiani.

E diventa il primo ostacolo che il governo neoeletto Meloni, dovrà affrontare.

I dati di ottobre dicono che supera anche di molto tutte le attese. L’indice dei prezzi al consumo è volato da +8,9% a 11,9% – il livello più alto da marzo ’84 – con un aumento congiunturale su settembre del 3,5%. Un’impennata di tre punti percentuale sul tendenziale e addirittura di 3,5% nel congiunturale, non era stato previsto da nessuna analisi.

Si tratta del balzo più forte dal 1954.

Inflazione sui consumi, a giugno volumi in calo 3,8%

A giugno 2022, secondo l’Istat, si registra una flessione congiunturale per le vendite al dettaglio dell’1,1% in valore e dell’1,8% in volume.

Su base annua le vendite aumenterebbero a giugno dell’1,4% in valore ma diminuirebbero invece del 3,8% in volume rispetto a giugno 2021.

Il dato è legato alla crescita dei prezzi. Nel trimestre aprile giugno si è registrata invece una crescita in valore dell’1,1% e una diminuzione in volume dello 0,3% rispetto al trimestre precedente.

A giugno le vendite dei beni non alimentari sono diminuite rispetto a maggio in valore (-2,2%) e in volume (-2,5%), mentre i beni alimentari hanno registrato un aumento in valore (+0,4%) o una diminuzione in volume (-0,8%). Su base tendenziale a giugno sono diminuite le vendite dei beni non alimentari (-0,8% in valore e -3,3% in volume) mentre quelle dei beni alimentari hanno registrato un aumento in valore (+4,5%) e una diminuzione in volume (-4,4%).

Rispetto a giugno 2021, il valore delle vendite al dettaglio è cresciuto per la grande distribuzione organizzata (+4,6%) e diminuito per le imprese operanti su piccole superfici (-0,9%).

Le vendite al di fuori dei negozi sono aumentate lievemente (+0,1%) mentre si è registrato un calo per il commercio elettronico (-6,8%) dopo il boom registrato durante la pandemia.

Ocse: inflazione al 5,8%, mai così alta negli ultimi 25 anni

L’inflazione nella zona Ocse ha continuato a crescere, raggiungendo il 5,8% a novembre scorso. Facendo registrare così, il tasso più elevato possibile rispetto agli ultimi 25 anni. Dopo il 5,2% di avutosi ad ottobre 2020 e l’1,2% di novembre sempre relativo all’anno 2020.

A riferirlo è l’Ocse, oggi.

Si tratterebbe dunque del dato più alto registrato da maggio 1996.

Aumento che è stato poi particolarmente forte negli Stati Uniti d’America Usa (con il 6,8% di novembre contro 6,2% di ottobre), il livello più elevato e significativo da giugno ’82.

Forte aumento registrato anche nell’eurozona (4,9% a novembre contro il 4,1% di ottobre e -0,3% un anno prima). Dato di Eurolandia tuttavia rimasto inferiore a quello della zona Ocse nel suo insieme.

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