Archives

Emicrania cronica e l’importanza di inserimento nei LEA

Si è parlato di Emicrania cronica nel corso della terza e ultima giornata di lavori che si è tenuta alla Summer School 2023 di Motore Sanità, svoltasi a Gallio, in provincia di Vicenza, con il contributo non condizionato di Abbvie. Seconda patologia più disabilitante del genere umano, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’emicrania cronica colpisce circa il 14% della popolazione, impattando fortemente sui costi diretti e indiretti che la società deve sostenere con una spesa che, solo in Italia, ammonta a oltre 3,5 miliardi di euro l’anno – il 15% delle persone colpite ha oltre 4 episodi al mese, mentre il 5% perde più di 5 giorni lavorativi al mese.

Riconosciuta nel 2020 tra le “malattie sociali”, 
di recente il Ministero della Salute ha deciso di stanziare con DM del 23 marzo 2023 10 milioni di euro per le Regioni che presenteranno dei progetti innovativi di presa in carico di questi pazienti. La scadenza per la presentazione delle progettualità al Ministero è il 31 dicembre di quest’anno. 
Ora bisogna capire quante regioni presenteranno il progetto garantendo che questo fondo venga speso e se davvero questo decreto contribuirà a rendere omogenea la presa in carico di questi pazienti. 
Molto importante per i pazienti ottenere l’inclusione della patologia all’interno dei LEA, attraverso la revisione del decreto che elenca le patologie soggette ad esenzione.

Su questo punto Fabiola Bologna, già Segretario XII Commissione Affari sociali e Sanità, Camera dei Deputati, ha detto che: “Nella scorsa legislatura, con l’approvazione della legge 81/2020, è stato dimostrato l’interesse della politica per il tema della cefalea e il Ministero della Salute è impegnato nell’individuazione di metodi innovativi di presa in carico delle persone affette da cefalea nell’ambito dei LEA, per assicurarne il necessario finanziamento. Inoltre ci sono almeno altre due possibili strade da percorrere. La prima è quella del Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere, nell’ambito del quale si possono generare reti a livello di centri cefalee, studiando dei percorsi terapeutici personalizzati per le donne che sono le più colpite e per gli uomini, assicurando che in ogni Regione i cittadini abbiano gli stessi diritti e la seconda è agire con il Piano nazionale della cronicità che comprende anche le malattie neurologiche. Dobbiamo utilizzare tutti gli strumenti per realizzare anche per la cefalea una strutturazione organizzativa innovativa e sostenibile”.

LA PROPOSTA DI LEGGE

La medesima sessione di lavori, dal titolo “CRONICITÀ EMERGENTI: “L’EMICRANIA CRONICA BUSSA ALLA PORTA DEI LEA”, ha visto inoltre la partecipazione di Ignazio Zullo, X Commissione permanente (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale), Senato della Repubblica: “Parliamo di una patologia che si estrinseca soprattutto sul piano soggettivo, con questo dolore che rende la qualità della vita difficile, soprattutto per quella che è l’occupazione della donna sia negli ambiti di vita sia di lavoro e che molto spesso è misconosciuta e non si è creduti. Questo crea anche dei contrasti negli ambienti di vita e di lavoro. Io me ne sono fatto carico a seguito di un’interazione con l’Associazione dei pazienti che soffrono di questa patologia e l’ho inserita in una proposta di legge che tende a rivedere quell’elenco di patologie croniche inserite nei LEA, per poter ottemperare anche questa patologia. Non solo. Ho voluto, con questa proposta di legge, impegnare anche la politica per rivedere, attraverso una rivisitazione del DM77 del 5 febbraio 1992 che parla delle percentuali di invalidità, costituire un tavolo tecnico per capire qual è l’incidenza di percentuale di invalidità per queste persone che soffrono di questa patologia. Confronti come questo alla Summer School sono molto importanti per le conoscenze, ma soprattutto per farci carico della sofferenza che non è facilmente oggettivabile”.

IL RUOLO DEI CLINICI

Edoardo Mampreso, Direttore Dell’unità Complessa Neurologia Piove di Sacco, ULSS 6 Veneto, ha parlato del ruolo dei clinici che si occupano di cefalea, in particolar modo di emicrania cronica, che si devono affacciare alla popolazione generale con canali comunicativi importanti e social media, veicolando messaggi delle Società scientifiche, aumentando la consapevolezza di malattie di condizione per poter far emergere quello che fino a poco tempo fa era uno stigma.

“Non poter parlare di emicrania cronica – ha detto Mampreso – è stato sempre un problema sia nell’ambito delle vite familiari, sia professionali. Oggi la situazione dal punto di vista anche terapeutico è nettamente cambiata: abbiamo terapie mirate e disegnate per il trattamento dell’emicrania e questo permette ai clinici, a vari livelli ma in particolare agli specialisti dei Centri cefalee, di adottare dei piani terapeutici individuali in grado di ridurre in maniera importante il carico di malattia, fino a portare a situazioni di quasi annullamento della stessa. Il problema attuale è la garanzia dell’accesso alle cure per tutti i potenziali pazienti, assai limitato da varie situazioni, tra cui il numero di specialisti competenti e la stratificazione dei livelli di complessità di malattia. Queste problematiche potranno sicuramente essere migliorate nei prossimi anni mediante percorsi appropriati, dove si inseriscono i progetti sperimentali che ogni Regione potrà presentare al Ministero. È molto importante che il ruolo delle Società scientifiche italiane – in particolare della Società italiana di neurologia, della Società italiana per lo studio delle cefalee e dell’Associazione neurologica italiana per la ricerca sulle cefalee che, assieme potranno portare il punto di vista organizzativo di livelli di assistenza. Le Società scientifiche premono per rendere più omogeneo l’assistenza ai pazienti con cefalea su tutto il territorio nazionale”.

Sepsi: emergenza sanitaria che, solo in Italia, si stima colpisca 250mila persone ed รจ fatale in un caso su quattro

Quanto è importante lo screening precoce a supporto di una diagnosi appropriata in caso di Sepsi? Se ne parla ieri nel corso della seconda giornata di lavori della Summer School 2023 di Motore Sanità, in corso di svolgimento a Gallio, in provincia di Vicenza.

La sessione, dal titolo “NUOVI APPROCCI ALLO SCREENING PRECOCE PER UNA DIAGNOSI APPROPRIATA E UN MIGLIORAMENTO DEGLI ESITI: IL CASO DELLA SEPSI”, ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Francesco Curcio, Direttore del Dipartimento di Medicina di Laboratorio dell’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Udine, che ha sottolineato come : “Guardando ai dati italiani, ovvero 60 mila morti all’anno, possiamo parlare di emergenza sanitaria. Un’emergenza sanitaria purtroppo in costante aumento anche in conseguenza delle multi-resistenze e delle infezioni ospedaliere”.

La sepsi è una sindrome clinica caratterizzata da una eccessiva risposta infiammatoria generalizzata, scatenata da un’infezione causata da microrganismi patogeni. In generale, la sepsi uccide dieci volte più dell’infarto e anche quando non si arriva alla morte del paziente, possono reliquare numerose complicazioni che modificano in modo radicale la qualità della vita del paziente.

“In una tale situazione – continua Curcio – un elemento che condiziona in modo molto marcato l’outcome clinico è la tempestività dell’intervento terapeutico: nei casi più gravi si hanno a disposizione solo poche ore e in generale per ogni giorno che passa senza diagnosi la mortalità raddoppia”.

La diagnosi di laboratorio è basata essenzialmente sulla coltura e identificazione del microrganismo responsabile e poi nella definizione della sensibilità agli antibiotici, ma il tempo necessario per tale percorso diagnostico è di alcuni giorni. Inoltre, non è importante solo identificare il responsabile e verificarne la sensibilità, ma va valutata anche la risposta infiammatoria e immunitaria del paziente. “In questo scenario – chiude Curcio – il fattore tempo diventa cruciale: poter accedere ad un biomarcatore come l’MDW – Monocite Distribution Width, ovvero indicatore precoce di Sepsi con un altissimo valore predittivo, soprattutto in caso di esclusione della patologia, è fondamentale. Inoltre è molto rapido – la risposta si ottiene in pochi minuti, direttamente dall’esame dell’emocromo”.

L’IMPATTO SOCIALE ED ECONOMICO DELLA SEPSI

Il fattore tempo è stato ribadito anche da Francesco Saverio Mennini, Professore di Economia Sanitaria e Economia Politica, Research Director-Economic Evaluation and HTA, CEIS, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” – Presidente SIHTA, il quale ha precisato che: “È importante sottolineare come la proporzione di ricoveri con presenze di infezioni ospedaliere sul totale di ricoveri per acuti per ciclo ordinario abbia toccato il suo picco nel periodo pre Covid con circa 56 ogni mille ricoveri. È un dato sempre in crescendo, se teniamo conto che si partiva nel 2010 con 34. In questo caso si è mantenuto costante anche nel periodo Covid. Significa che c’è un problema importante dal punto di vista delle infezioni e quindi c’è la necessità di intervenire per ridurre l’impatto sia dal punto di vista epidemiologico, sia economico. Per quanto riguarda quest’ultimo, uno studio in corso di pubblicazione dice che, in buona sostanza, la spesa imputabile per le infezioni ospedaliere (conseguenza come maggiori giorni di degenza) ammonta a circa 800 milioni di euro (dato del 2019). Siamo di fronte a un impatto non solo dal punto di vista della salute, ma anche economico e finanziario molto importante, che si potrebbe ridurre fortemente con politiche legate all’antimicrobial stewardship – in maniera tale da controllare il fenomeno della resistenza antimicrobica – e, allo stesso tempo, ridurre la diffusione delle resistenze. Certamente avere a disposizione anche dei biomarcatori può rappresentare un’opportunità importante nell’ottica di ridurre le diffusioni e contribuire al processo del controllo del fenomeno della resistenza antimicrobica”.

foto crediti virtuasalute

Cancro della pelle: i sintomi a cui prestare molta attenzione

Il cancro alla pelle è una malattia molto diffusa nel mondo, i cui sintomi non sono sempre evidenti e lampanti.

I tumori che colpiscono la pelle, originano a causa di una crescita esponenziale e incontrollabile di cellule anomale nell’epidermide, lo strato più esterno della pelle. Quando questa formazione è maligna si parla appunto di cancro.

Malattia molto diffusa nel mondo.

Ma quali possono essere i fattori di rischio, le cause, e i sintomi evidenti di questa malattia?

In primis:

– pelle chiara
– alta esposizione solare
– età, oltre i 30 anni

Tuttavia, questo è quello che si verifica nella maggior parte dei casi, ma tutti, anche quelli con pelle scura, possono essere a rischio di tumore alla pelle.

C’è da dire, però, che se questa patologia viene diagnosticata per tempo, ovvero nelle fasi iniziali che si presenta, c’è altissima probabilità che possa essere anche curata. Dipende dal momento della diagnosi, da come viene rimossa e come viene trattata.

Ad ogni modo, ci sono alcuni segni, alcuni sintomi che non bisogna mai sottovalutare. Ecco quali sono:

Eccessiva stanchezza: in presenza di questo tipo di cancro può esserci un senso di stanchezza e di fatica, anche appena dopo aver riposato;
Perdita di peso: tutti i tipi di cancro causano una perdita di peso, perciò in condizioni di mancata attività fisica e mancata dieta dimagrante, una perdita di peso deve allarmare subito;
Febbre: avere spesso la temperatura corporea alta significa che l’organismo sta tentando di reagire a qualche malattia, come potrebbe essere un tumore, ad esempio;
Cambiamenti della pelle: quando un neo o una macchia cambia colore, diventa più grande, diventa rossa, dà prurito e dolore potrebbe trattarsi di melanoma.

Per prevenire questa patologia tumorale bisogna stare attenti ai raggi solari. D’estate proteggersi con creme protettive. Occhiali da sole, parei, cappelli, evitando di stare così a prendere il sole, e l’abbronzatura nelle ore più calde.

Inoltre, alla prima manifestazione, di qualcosa che non va, come un neo che cresce, una macchia scura sollevata, soprattutto che non di dimensioni omogenee, e tondeggianti, rivolgersi subito al medico di fiducia o dermatologo.

Per i controlli del caso.

ph crediti pazienti.it

Stress raddoppia il rischio di morte o infarto

Per chi soffre di malattie cardiache lo stress può raddoppiare il rischio di morte o infarto, secondo uno studio internazionale coordinato dalla Emory University di Atlanta pubblicato sul Journal of the American Medical Association (JAMA) ci sono prove crescenti che esiste un legame reale e appurato tra stress psicologico e rischio di malattia coronarica.

Secondo i ricercatori che hanno esaminato oltre 900 pazienti in due studi condotti tra il 2011 e il 2016 e seguendoli per circa 5 anni, in persone con problemi cardiaci, ma una parte di esse presentava anche un’alta sensibilità di stress mentale: quando sono state sottoposte a pressione psicologica andavano incontro a ischemia, cioè un insufficiente apporto di sangue e ossigeno al cuore.

La ricerca ha mostrato anche che questi pazienti, rispetto a quelli senza ischemia da stress, presentavano un rischio superiore di due volte e mezzo più alto di andare incontro a infarto o morte nel periodo dello studio e due volte più alto di essere ricoverate per scompenso cardiaco.

Il rischio è risultato essere più alto negli uomini che nelle donne e particolarmente accentuato per chi aveva avuto in precedenza un infarto o soffriva di scompenso cardiaco o diabete.

photo crediti centronovamentis.it