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Pil, Italia big europea cresciuta di più rispetto all’epoca pre-Covid

L’Italia è il Paese che ha superato meglio dei suoi principali competitor europei gli effetti negativi provocati dalla crisi pandemica, Covid 19, dal caro energia e alla crescita esponenziale registrata dai tassi di interesse in questo ultimo anno e mezzo sono stati registrati.

Tra il 2019 (anno pre-Covid) e il 2023, l’Italia ha segnato una variazione del Pil del +3 per cento, contro il +2,3 della Spagna, il +1,8 della Francia e il +0,7 della Germania. È quanto rileva la Cgia.

Turismo, manifattura, consumi delle famiglie, investimenti e export hanno sostenuto questa ripresa che, è stata la più “importante” tra i principali Paesi dell’Eurozona. Un trend positivo che nello scorso mese di ottobre ha spinto il tasso di occupazione a toccare il 61,8 per cento. Grazie a ciò, in Italia contiamo quasi 23,7 milioni di addetti, un record mai raggiunto in prima, in precedenza.

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Moody’s: Pil per il 2022, per l’Italia è al 3,7%

Moody’s vede per l’Italia quest’anno una “performance economica migliore del previsto, sempre vincolata comunque all’approvvigionamento energetico”.

A darne notizia una ‘credit opinion’ sul credito sovrano italiano della società statunitense, che non presuppone un’azione sul rating, nella quale Moody’s spiega di aver rivisto al rialzo la previsione sul Pil della penisola italiana per il 2022 al 3,7%, rispetto ad un precedente 2,7%.

Csc Confindustria, il pil del secondo trimestre è incerto

Secondo un’indagine condotta dal Centro studi di Confindustria che sottolinea come il calo dei contagi potrebbe sostenere turismo e servizi, ma l’inflazione frena i consumi delle famiglie, si legge infatti che “L’andamento del pil italiano nel secondo trimestre 2022 è molto incerto, sintesi di dinamiche contrastanti: nel complesso, appare molto debole.

Prosegue, la guerra in Ucraina e con essa anche i rincari delle commodity e la scarsità di materiali, con cui fanno i conti le imprese”.

Situazione quindi, non certo facile, per molte famiglie italiane, lavoratori e lavoratrici, del settore pubblico e privato e aziende anche.

Visco, una guerra lunga porterà due punti in meno del pil, nel biennio

“La guerra ha radicalmente accentuato l’incertezza.

L’attività produttiva si è indebolita nel primo trimestre, dovrebbe rafforzarsi moderatamente in quello in corso.

In aprile valutavamo che il prolungamento del conflitto in Ucraina avrebbe potuto comportare circa 2 punti percentuali in meno di crescita, quest’anno e il prossimo”. Queste le parole di Ignazio Visco nelle Considerazioni finali. “Le stime più recenti delle maggiori organizzazioni internazionali sono simili. Non si possono però escludere sviluppi più avversi. Se la guerra dovesse sfociare in interruzione delle forniture di gas russo, il pil potrebbe ridursi nella media del biennio”.

“La cooperazione internazionale non deve cedere il passo. La necessaria riflessione sul governo della globalizzazione non deve venire offuscata dalla sfiducia e dalle tensioni che derivano dal conflitto in atto; va invece coltivata con il massimo impegno, mantenendo aperto il dialogo, la speranza che la guerra, per la quale esprimiamo netta e totale condanna, cessi al più presto”. Il governatore della Banca d’Italia cita anche Luigi Einaudi e aggiunge di più che le “frontiere aperte sono artefici di prosperità, perché: “Libertà di scambi economici internazionali vuol dire pace”.

Per Visco inoltre una conseguenza della divisione si avrebbe anche sulle sfide globali, dal clima alla lotta alla povertà e ai contrasto alle pandemie.

Visco ammonisce ad evitare “una vana rincorsa fra prezzi e salari” di fronte all’aumento dell’inflazione. Per Visco invece di una generale crescita delle retribuzioni agganciandole ai prezzi di alcuni beni, sarebbe meglio intervenire con “interventi di bilancio di natura temporanea e calibrati con attenzione alle finanze pubbliche” per contenere i rincari delle bollette energetiche e sostenere il reddito delle famiglie. Al momento, nota Visco, segnali di “trasmissione delle pressioni dai prezzi alle retribuzioni” non si sono finora registrati.

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