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Trovato un feto in un cassonetto nella provincia di Pavia

Un feto di poche settimane rinvenuto questa mattina, in un cassonetto di un parco di Parona, un comune della Lomellina a pochi chilometri di distanza da Vigevano, in provincia di Pavia. A dare l’allarme sono stati alcuni operatori ecologici, intenti a pulire l’area.

Dopo aver ripulito alcuni cestini in via Papa Giovanni XXIII, hanno svuotato il cassonetto, durante i lavori è affiorato il feto. Sono stati subito avvisati i carabinieri, giunti immediatamente sul posto. Il feto è stato consegnato dagli esperti dell’istituto di Medicina Legale dell’Università di Pavia, dove verrà esaminato.

Considerate le dimensioni ridotte, è presumibile che il periodo di gravidanza della madre sia stato breve. I militari hanno avviato le indagini per risalire alla donna. Verranno monitorate con attenzione le immagini delle telecamere di videosorveglianza vicine al parco.

Morta dopo aborto: quattro medici condannati per omicidio colposo

Sono sette i medici accusati della morte di Valentina Milluzzo, 32enne deceduta dopo un aborto spontaneo di due gemelli al quinto mese di gravidanza. Tre sono stati assolti e quattro condannati a sei mesi ciascuno per omicidio colposo.

La sentenza è arrivata a sette anni dalla tragedia avvenuta nell’ospedale Cannizzaro di Catania. La donna è deceduta il 16 ottobre 2016 dopo aver perso due gemelli che aspettava in seguito a una fecondazione assistita. Del caso si occupò anche il ministero della Salute che inviò degli ispettori all’ospedale catanese.

Tre medici del reparto di Ostetricia e Ginecologia sono stati assolti in quanto “il fatto non sussiste”, mentre gli altri quattro sono condannati a sei mesi di reclusione. I sette erano tutti in servizio nel reparto di sala parto, e si sono avvicendati nei turni di guardia tra il 15 e 16 ottobre del 2016. Inoltre, il Tribunale ha disposto il pagamento di una provvisionale pari a 30mila euro alla sorella della vittima, Angela Maria Milluzzo, la quale si era costituita parte civile assistita.

La Procura contesta ai medici una colpa professionale per “imprudenza, negligenza e imperizia”. Ma anche “nella mancata attuazione di una terapia antibiotica adeguata, nel mancato tempestivo riconoscimento della spesi in atto, nella mancata raccolta di campioni per esami microbiologici, mancata tempestiva rimozione della fonte dell’infezione e la mancata somministrazione di emazie durante l’intervento”.

foto crediti lasicilia.it