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Tumore seno metastatico, 30% delle pazienti è vivo a 5 anni

In Italia vivono oltre 37mila persone con tumore della mammella metastatico, una cifra in costante aumento grazie alle nuove terapie che consentono, in molti casi, di cronicizzare la malattia. Il 30% di questi pazienti (la neoplasia può colpire anche una minima percentuale di uomini) oggi è vivo a distanza di 5 anni dalla diagnosi.

Un risultato molto importante, che può essere migliorato superando gli ostacoli ancora presenti nell’assistenza. A sottolinearlo sono le organizzazioni ANDOS Onlus (Associazione Nazionale Donne Operate al Seno), Europa Donna Italia, FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) e IncontraDonna Onlus nel corso di un evento al Ministero della Salute per presentare la Giornata Nazionale del Tumore Metastatico della mammella, che si celebra oggi.

In tutti i centri, rilevano le associazioni, vanno applicati percorsi dedicati per garantire omogeneità e continuità di servizi, va garantita la discussione multidisciplinare anche dei casi metastatici e devono essere fatti tutti gli sforzi per favorire il loro arruolamento in breve tempo negli studi clinici e il rapido accesso alle terapie innovative.

 

START-COVID-19: uso di eparina e riduzione della mortalità del 60%

Italfarmaco e la Fondazione Arianna Anticoagulazione hanno annunciato ieri i risultati dello studio condotto “START- COVID-19”, progetto tutto italiano nato da un’idea della Fondazione, fondata e presieduta dal Prof. Gualtiero Palareti, Professore in Malattie Cardiovascolari all’Università di Bologna.

START-COVID-19 è fra le iniziative supportate da Italfarmaco nell’ambito della Piattaforma GhemaVid, ideata da Italfarmaco per selezionare, sviluppare e supportare progetti medico- scientifici clinici, pre-clinici ed educazionali, che accrescono e diffondono le conoscenze sul   Covid-19 e sul ruolo di Enoxaparina nella gestione e nella prevenzione delle temibili complicanze tromboemboliche di questa malattia.

START-COVID-19 ha fornito importanti risultati, grazie ad un’analisi delle cartelle cliniche di 1.135 pazienti ricoverati per Covid-19 condotta tra il 1° Marzo e il 30 Giugno 2020 nei reparti di degenza ordinaria dei 30 Centri Italiani cha hanno partecipato allo studio.

Raccolte tutte le informazioni disponibili dalle caratteristiche cliniche dei pazienti, inclusi i dati di laboratorio, eventi trombotici arteriosi e venosi intercorrenti, tipo e dosaggio dei trattamenti effettuati durante il ricovero, l’evoluzione clinica dei pazienti con Covid-19 e l’andamento dei parametri della coagulazione.

“I pazienti inclusi nello studio avevano un’età media di 71 anni”, specifica la Dr.ssa Daniela Poli della SOD Malattie Aterotrombotiche, Azienda Ospedaliero Universitaria-Careggi, Firenze, centro coordinatore dello studio, e Vice-Presidente di FCSA (Federazione dei Centri per la Diagnosi della Trombosi e per la Sorveglianza delle Terapie Anticoagulanti). “Molti pazienti presentavano patologie associate, in particolare: 52,2% ipertensione arteriosa, 10,2% coronaropatia, 17,4% diabete mellito, 23,3% riduzione della funzione renale e 7,6% fibrillazione atriale, ma il 37,2% dei pazienti non presentava, al momento del ricovero, alcuna rilevante patologia oltre il Covid-19. Durante il ricovero 769 pazienti (70,7%) hanno ricevuto un trattamento anticoagulante-antitrombotico. Tale trattamento è stato attuato prevalentemente a dosaggio profilattico (78,9%), mentre i pazienti trattati con dosi terapeutiche o sub- terapeutiche sono stati pari al 19,1%. Il farmaco anticoagulante-antitrombotico più utilizzato è stato Enoxaparina (92,3%). I pazienti che hanno ricevuto il trattamento anticoagulante- antitrombotico erano “più gravi”, cioè presentavano un numero di comorbilità significativamente maggiore rispetto a quelli che non hanno ricevuto tale trattamento. Tuttavia, la mortalità è risultata significativamente minore nei pazienti che hanno ricevuto il trattamento (e che erano anche “più gravi”) rispetto a quelli che non lo hanno ricevuto (16,5% vs 22,7%, p=0,02). Suddividendo la popolazione per gruppi di età (quartili), abbiamo documentato che tra i pazienti di età più avanzata (≥59 anni, corrispondenti ai 3 quartili superiori) tale differenza era ancora più ampia (20,2% vs 31,7%, p=0,001). L’analisi multivariata in base all’età ha confermato che il trattamento con eparina si è associato a una significativa riduzione della mortalità, con un odds ratio di 0,4 (IC 95% 0,3-0,6), corrispondente a una riduzione del rischio di mortalità associata all’uso di eparina pari al 60% rispetto ai soggetti che non ricevevano eparina.”

Dato molto interesse in quanto il trattamento anticoagulante, in particolare con Enoxaparina, si è associato alla riduzione della mortalità in un ampio gruppo di pazienti ricoverati per COVID-19 in degenza ordinaria (erano esclusi i pazienti in terapia intensiva).

START-COVID-19 è un registro retrospettivo, osservazionale, nazionale e multicentrico che ha raccolto dati sulle caratteristiche cliniche, sui risultati di laboratorio e sui farmaci impiegati nei pazienti ospedalizzati per infezione da virus SARS-CoV-2. Lo studio è stato realizzato in modo indipendente dalla Fondazione Arianna Anticoagulazione.