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Una strage che si sarebbe potuta evitare. Da un mese infatti,  la cabina della funivia del Mottarone è stata una vera e propria roulette russa per chi ci ha viaggiato sopra.

Da quando l’impianto, ripartito il 26 aprile scorso, dopo il blocco per le norme anti-Covid, i freni di emergenza erano stati disattivati inserendo almeno un forchettone per evitare che l’impianto continuasse a bloccarsi a causa di una serie di anomalie che facevano scattare i sistemi di sicurezza.

Domenica mattina, quando la fune di trazione si è spezzata all’arrivo nella stazione di monte, la cabina, libera dall’unico vincolo, è diventata un proiettile, ha ripercorso a ritroso gli ultimi 300 metri che aveva fatto a una velocità di oltre 100 km all’ora che l’ha fatta sganciare dalla fune portante e precipitare, schiantandosi a terra e uccidendo 14 dei 15 passeggeri.

Il gestore della funivia Luigi Nerini, il consulente esterno Enrico Perocchio e del capo servizio dell’impianto Gabriele Tadini, sono accusati dalla procura di Verbania di omicidi colposo plurimo per la tragedia sulla funivia del Mottarone, in concorso tra loro, scrive la procura nel capo di imputazione, “omettevano di rimuovere i forchettoni rossi aventi la funzione di bloccare il freno” della cabinovia quindi “destinato a prevenire i disastri”, così “cagionando il disastro da cui derivava la morte delle persone”.

photo credit trendingNews